Lettori fissi

domenica 30 dicembre 2012

"E quindi uscimmo a riveder le stelle"

Ciao a tutti, Blogger più o meno improvvisati.
Sono Marco e ho realizzato questo blog un pò per caso, diviso tra una voglia impudente di scrivere i miei pensieri e  una casualità che - ammetto - ero smanioso di ricercare. Ergo, di spontanea v'è solo l'idea.
Ora che sono qui, e scrivo, devo a tutti voi, lettori casuali, perché ho scelto il titolo "natural burella". La risposta è una riflessione sulla vita iniziata dalla lettura di Dante. Chi ha letto la splendida opera nota come Divina Commedia, saprà che la natural burella è un corridoio che si apre lungo i piedi di lucifero, conficcato nel ghiaccio, e giunge direttamente nel Purgatorio. Lo stretto e angusto passaggio, che fa da sfondo al breve cammino dei due viandanti, appare come un luogo angusto e buio, in cui gli afflati e i sospiri delle anime in pena sembrano condensarsi e insieme dissolversi. Lascerei un debito nei vostri confronti se non illustrassi quello che il poeta realizza con le sue magnificenti parole:

«Attienti ben, ché per cotali scale»,
disse 'l maestro, ansando com'uom lasso,
«conviensi dipartir da tanto male».                84
Poi uscì fuor per lo fóro d'un sasso,
e puose me in su l'orlo a sedere;
appresso porse a me l'accorto passo.              87
Io levai li occhi e credetti vedere
Lucifero com'io l'avea lasciato,
e vidili le gambe in sù tenere;                          90
e s'io divenni allora travagliato,
la gente grossa il pensi, che non vede
qual è quel punto ch'io avea passato.              93
«Lèvati sù», disse 'l maestro, «in piede:
la via è lunga e 'l cammino è malvagio,
e già il sole a mezza terza riede».                    96
Non era camminata di palagio
là 'v'eravam, ma natural burella
ch'avea mal suolo e di lume disagio.               99
«Prima ch'io de l'abisso mi divella,
maestro mio», diss'io quando fui dritto,
«a trarmi d'erro un poco mi favella:               102
ov'è la ghiaccia? e questi com'è fitto
sì sottosopra? e come, in sì poc'ora,
da sera a mane ha fatto il sol tragitto?».        105
Ed elli a me: «Tu imagini ancora
d'esser di là dal centro, ov'io mi presi
al pel del vermo reo che 'l mondo fóra.           108
Di là fosti cotanto quant'io scesi;
quand'io mi volsi, tu passasti 'l punto
al qual si traggon d'ogne parte i pesi.              111
E se' or sotto l'emisperio giunto
ch'è contraposto a quel che la gran secca
coverchia, e sotto 'l cui colmo consunto          114
fu l'uom che nacque e visse sanza pecca:
tu hai i piedi in su picciola spera
che l'altra faccia fa de la Giudecca.                117
Qui è da man, quando di là è sera;
e questi, che ne fé scala col pelo,
fitto è ancora sì come prim'era.                       120
Da questa parte cadde giù dal cielo;
e la terra, che pria di qua si sporse,
per paura di lui fé del mar velo,                      123
e venne a l'emisperio nostro; e forse
per fuggir lui lasciò qui loco vòto
quella ch'appar di qua, e sù ricorse».              126
Luogo è là giù da Belzebù remoto
tanto quanto la tomba si distende,
che non per vista, ma per suono è noto           129
d'un ruscelletto che quivi discende
per la buca d'un sasso, ch'elli ha roso,
col corso ch'elli avvolge, e poco pende.           132
Lo duca e io per quel cammino ascoso
intrammo a ritornar nel chiaro mondo;
e sanza cura aver d'alcun riposo,                     135
salimmo sù, el primo e io secondo,
tanto ch'i' vidi de le cose belle
che porta 'l ciel, per un pertugio tondo.           138
E quindi uscimmo a riveder le stelle.

(Inferno, Canto XXXIV)


Dante e Virgilio si approssimano alla natural burella dopo aver vissuto in prima persona l'idea assoluta del male, situazione in cui nulla cresce e tutto e freddo. Un'esperienza dura da sopportare per Dante. Virgilio, però, conosce la strada e guida Dante nella fitta oscurità fino a che i due non riescono a percepire il suono di un ruscello che sgorga sommessamente. Dante non vede, ma sente, e quel suono, o forse il senso risvegliato, lo rincuora un poco. Entrambi i poeti "avventurieri" vagheranno ancora un poco nell'oscurità, ma quel suono sommesso ha ridestato in loro la speranza, e le stelle ne saranno una spettacolare conferma. 
Questi versi mi hanno fatto riflettere su quanto Dante possa insegnare ancora oggi, perché anche l'uomo contemporaneo, in preda dell'oscurità, può trovare la sua natural burella. Come Dante, sento che nella vita la realtà è sia alba sia tramonto e, per quanto sia giovane, cerco di trarre profondo significato dalle azioni compiute, buone o cattive che siano. In questi anni la società, la cultura dissolta, la politica hanno creato uno scenario "infernale" per noi giovani; è non sono eufimistico quando paragono la vita dei giovani a un inferno: personalmente, sento che a volte il mondo ruota senza rendermi protagonista, che le situazioni belle a volte si sbriciolano come carta incenerita; e penso che, come me, in tanti vivono questa situazione alienante. Ebbene, nonostante il periodaccio, cerco di posizionare la bussola in direzione della natural burella, perché penso che prima o poi noi tutti troveremo quel buono che l'oscurità nasconde: dobbiamo solamente serbare i nostri sogni e incamminarci verso la via che ci porti ad "uscire a riveder le stelle". 

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